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A seguito dei risultati delle elezioni europee del 2019 e del mandato ricevuto dal Consiglio europeo e dal Parlamento europeo, la Commissione von der Leyen aveva proposto una serie di obiettivi ambiziosi per il futuro dell’Europa incentrata su tre pilastri:  la neutralità climatica entro il 2050; fare degli anni ’20 il “decennio digitale europeo”; rafforzare l’Europa nel mondo con un approccio più geopolitico.

Transizione digitale e transizione ecologica sono in realtà usciti rafforzati dalla crisi pandemica e da quella generata dall’invasione russa dell’Ucraina. L’approccio geopolitico dell’Europa è richiamato con forza ora, in particolare per orientarsi nello scacchiere legato all’approvvigionamento di materie prime e in quello migratorio.

Bene, se dovessi dire quali di questi tre pilastri potrebbe subire sostanziali rimodulazioni in funzione della tornata europea, direi senz’altro il primo: la discussa nomina di Wopke Hoekstra come nuovo commissario europeo per il Clima nel settembre scorso è solo una avvisaglia.

Ora, se si considera che la maggioranza che ha sostenuto l’elezione di Ursula Von der Leyen era ed è risicatissima e che l’attuale composizione dell’emiciclo vede rappresentati sette gruppi parlamentari che spesso non hanno una linea di voto unitaria neppure al loro interno, direi che è impossibile fare previsioni.

Non dimentichiamoci poi che il governo dell’Unione europea è tripartito e che, se le elezioni di primavera potranno determinare la composizione del Parlamento europeo e quantomeno l’elezione del Presidente della Commissione europea, nulla possono circa il Consiglio europeo, dove siedono i ministri dei governi in carica con in taluni casi il potere di veto. Quindi bisogna fare attenzione anche alle tornate elettorali nazionali che chiameranno i cittadini a votare per il parlamento o il presidente in ben sei paesi nel 2024 (Portogallo, Belgio, Austria, Finlandia, Lituania e Croazia)

In primo luogo, dunque in gioco c’è la sopravvivenza energetica dell’Europa e la sua competitività in uno scenario sempre meno globalizzato, mentre  la riaffermazione di un ruolo geopolitico dell’Unione europea passa per la ridefinizione degli altri due pilastri sopra evocati, quello digitale e quello ecologico.

Premesso questo, lo scacchiere naturale per l’Europa non può che essere il mediterraneo: la questione dell’adesione all’UE di alcuni paesi dei Balcani, e il nord Africa. Aree che toccano temi delicati, oltre a quello energetico, anche quello migratorio.

Pensare di essere determinanti nella crisi russo-ucraina, in quella Israele-palestinese o nella prossima crisi tra Cina e Taiwan sarebbe velleitario e controproducente.

(Estratto dall’intervista curata da Roberto Paglialonga e pubblicata venerdì 12 gennaio sulle pagine dell’Osservatore Romano dal titolo “Le Elezioni di giugno, una svolta per l’UE?” Per leggere l’articolo clicca qui: https://www.osservatoreromano.va/it/news/2024-01/quo-009/le-elezioni-di-giugno-una-svolta-per-l-ue.html?fbclid=IwAR0pHVZ137Ysw2n7jLvK72ZGIFWm-h2pshEgvp5PVS4bvtn5ybJbmBYHhK0