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Sta per diventare realtà anche in Italia lo strumento che a Bruxelles viene denominato lo Youth Test/Check  e che trova già applicazione da qualche anno nei parlamenti di Germania (lo Jugend-Check)  e in Austria .

Il Consiglio dei ministri nella riunione del 5 dicembre scorso , su proposta del Presidente Giorgia Meloni, del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa Maria Elisabetta Alberti Casellati e del Ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, ha approvato, infatti, il disegno di legge che introduce deleghe al Governo per la semplificazione normativa. Tra i vari provvedimenti per i quali si richiede delega spicca, la valutazione di impatto generazionale delle leggi (da ora semplicemente VIG)

L’obiettivo dello strumento proposto è promuovere l’equità intergenerazionale, considerando gli effetti ambientali, sociali ed economici sui giovani e sulle generazioni future e la valutazione di impatto generazionale (VIG) consisterebbe  “nell’esame preventivo dei disegni di legge del Governo in relazione agli effetti ambientali, sociali o economici ricadenti sui giovani e sulle generazioni future” 

L’iniziativa governativa è senz’altro da salutare con favore e potrebbe rappresentare forse l’ultima opportunità a condizione che possano realmente rimuovere le zavorre che non solo ritardano lo sviluppo dei giovani, ma anche lo sviluppo economico e sociale del nostro paese.

La prima zavorra è da ricondurre al persistente divario generazionale che colpisce i giovani italiani rilevato dal Generational divide Index (GDI, in italiano Indice del Divario Generazionale), un indice composito e multidimensionale (salute, benessere, sicurezza, mobilità, ambiente, welfare, partecipazione democratica, pari opportunità e altro) che attualmente si basa su 14 domini e 43 indicatori e mira a misurare il ritardo accumulato dalle nuove generazioni rispetto alle precedenti nel raggiungimento dell’indipendenza economica e sociale .

La seconda zavorra è rappresentata dallo scarso coinvolgimento dei giovani nei processi che ai vari livelli di governo conducono alla definizione di strategie, cioè le norme e gli interventi volti a sostenere lo sviluppo dei giovani. L’ininfluenza di questi ultimi nei processi decisionali non può essere semplicemente attribuita alla loro scarsa rilevanza numerica (per il noto sviluppo demografico negativo) o alla loro diffusa astensione alle tornate elettorali, ma deve necessariamente essere ricondotta alla mancata attivazione dei processi che a livello europeo sono definiti di Youth Empowerment e che prevedono il coinvolgimento strutturato delle associazioni giovanili sin dalle prime fasi dello Youth Test/Check  e, prima ancora, il sostegno di iniziative che abbiano come scopo primario quello di aumentare la capacità dei giovani di mettere a fuoco i loro interessi e di promuoverli. Nel maggio 2023 il Consiglio dell’UE ha invitato i paesi membri a “garantire a tutti i giovani l’accesso ai loro diritti conformemente alle dichiarazioni e alle convenzioni internazionali, includendo una prospettiva giovanile basata sui diritti nella progettazione, nell’attuazione, nel monitoraggio e nella valutazione delle misure che riguardano i giovani a tutti i livelli”

La terza zavorra consiste nell’acclarata difficoltà di perimetrare l’universo giovanile, definito recentemente dal Consiglio dell’UE come “una moltitudine di identità, con capacità, esigenze, volontà, risorse e interessi diversi, che si trovano dinanzi a svariate sfide e opportunità e provengono da vari contesti educativi, culturali, geografici, economici e sociali”. Tali differenze, sottolinea ancora il Consiglio, “ incidono sui loro interessi, sulle loro possibilità e sulla loro capacità di impegnarsi in azioni a favore dello sviluppo sostenibile e dell’ambiente” . Differenze acuite in una dimensione europea che ancora non ha raggiunto livelli accettabili di coesione e dove “anche fattori quali le differenze in termini di densità della popolazione e di struttura demografica, ovvero tra zone urbane, rurali e remote, periferiche, meno sviluppate e regioni ultraperiferiche, incidono sull’accessibilità e sulla disponibilità di infrastrutture sostenibili per i giovani” . Un problema rilevante per molti paesi membri tra i quali l’Italia, in merito alla quale il III Rapporto 2019 a cura della Fondazione Bruno Visentini, già in era pre-pandemica denunciava un vero e proprio spread sociale a danno dei giovani del sud del nostro paese . A evidenziare l’anno successivo come anche il Covid-19 avrebbe provocato un impatto asimmetrico sui giovani sarà l’OCSE , seguito dalla Commissione europea nel suo rapporto sull’attuazione della strategia europea per i giovani . A questo si aggiunga il persistere dell’Urban rural divide che vede penalizzati i giovani residenti nelle aree rurali o nei piccoli comuni, nonché la mai sufficientemente esplorata palude dei NEET (Not engaged in Education, Employment or Training).

Infine, l’ultimo fattore di ritardo è costituito dalla assenza nel nostro paese di una visione strategica volta a collocare lo sviluppo dei giovani nel quadro della competitività dell’intero paese. Le spese sostenute per assicurare ai giovani il completamento del processo di istruzione non si traducono in un incremento del valore del capitale umano se questo si trasferisce all’estero deprimendo ancora di più i fondamentali (tasso di occupazione, produttività oraria del lavoro, numero ricercatori ecc.) che dovrebbero alimentare la competitività nazionale. A nulla è valso sino ad ora l’appello del Consiglio UE che invita i paese membri a “ migliorare le decisioni strategiche per quanto riguarda gli effetti che hanno sui giovani in tutti i settori, in particolare l’occupazione, l’istruzione, la salute e l’inclusione sociale”  e l’invito della Commissione europea a  “concentrarsi su azioni mirate che traducano le priorità dell’UE nel contesto nazionale” Tali azioni, conclude la Commissione “dovranno essere individuate nei piani d’azione nazionali”. 

In conclusione, dopo l’appuntamento mancato con il PNRR ( sprovvisto del “pilastro giovani”) e le conseguenti sempre maggiori difficoltà a rilevare il reale impatto di questo strumento sull’attuale target dei giovani, l’imminente introduzione della VIG nel nostro paese non deve essere sprecata e ridotta a un mero esercizio di Youthwashing.

I nostri giovani e le generazioni che seguiranno hanno bisogno di risposte e di una generalizzata presa di consapevolezza dell’importanza del nuovo capitale umano, con la stessa attenzione che da qualche decennio, sia pure con difficoltà, è riconosciuta al capitale naturale. La strumentazione europea richiamata e le prime buone pratiche in Italia in corso possono senz’altro fornire una guida in questa direzione.

(Estratto dal working paper “Anche in Italia arriva la sfida europea dello Youth-check: una opportunità o l’ennesima occasione sprecata?” pubblicato il 20 gennaio 2024 da Luiss Institute for European Analysis and Policy, Il Think tank presieduto da Domenico Siniscalco. per leggere il testo integrale clicca qui: https://leap.luiss.it/publication-research/publications/l-monti-anche-in-italia-arriva-la-sfida-europea-dello-youth-check-una-opportunita-o-lennesima-occasione-sprecata%ef%bf%bc/)